“Road to Passatore” è una miniserie di interviste a donne che il 24 maggio 2025 si cimenteranno per la prima volta con la distanza di 100km. La loro gara obiettivo è la proprio la storica 100km del Passatore, quest’anno alla sua 50^ edizione.
Chi sono? Cosa le ha portate fin qui e come arrivano alla linea di partenza della 100km più amata d’Italia?
Questa è la storia di Alessandra Saviotti, che da un po’ di tempo collabora con Donn&Ultra.
Chi sei, fuori e dentro la corsa
Ho 42 anni e vivo ad Amsterdam e trascorro lunghi periodi dell’anno a Brisighella in Romagna. Il lavoro mi permette di essere abbastanza nomade per cui in inverno mi sposto in luoghi con un clima mite.
Dove sei cresciuta e cosa ti ha lasciato quel luogo?
Sono cresciuta a Fusignano, un piccolo paese della campagna romagnola; un luogo in cui non c’è neppure la stazione dei treni. Ho sempre provato dei sentimenti molto contrastanti rispetto a quel luogo, perché da un lato me ne sono andata appena ho potuto, dall’altro ho sempre provato una specie di legame viscerale con un certo tipo di cultura legata alla campagna e all’emancipazione della donna avvenuta proprio in Romagna, che mi porto dietro. Da qualche anno sto cercando di riappacificarmi con l’insofferenza che ho provato fino ai 20 anni grazie ai rapporti che ho mantenuto con la famiglia di origine e soprattutto con quella estesa di amiche e amici con le quali condividiamo lo stesso groppo in gola.
Ho un dottorato in arti visive contemporanee e principalmente lavoro come curatrice e ricercatrice accademica in Europa e Stati Uniti. Insieme a mio marito abbiamo un’azienda per lo sviluppo di applicazioni per il monitoraggio della variabilità cardiaca, per cui lavoro anche nell’ambito sportivo. In passato sono stata istruttrice di ginnastica artistica e giudice federale, ora sto studiando per prendere la certificazione di insegnante di Yoga.
Ho sempre fatto sport incoraggiata molto dai miei genitori e dal contesto famigliare in generale. Mio nonno fu il presidente del Fusignano Calcio dove cominciò a giocare Arrigo Sacchi, a casa dei miei genitori c’è un quadro di Francesco Verlicchi che ritrae la partenza della Fusoloppet, la mezza maratona del paese che si corre da 45 anni. Mia nonna fino all’ultimo giorno della sua vita andava a trovare mia zia in bicicletta per ‘rimanere in forma’ come diceva lei. Credo che per me lo sport sia stato un luogo/tempo in cui ho sfogato tutta la mia rabbia adolescenziale. Prima nella ginnastica artistica, che ho praticato fino ai 23 anni, poi nel nuoto, e ora nella corsa. Mi ricordo anche dei pomeriggi afosi d’estate quando con un’amica cercavamo di raggiungere il paese piú vicino con i pattini. Una cosa pericolosissima perché chiaramente uscivamo nelle ore più calde della giornata sole, senz’acqua, senza cellulare, senza cappellino. La consapevolezza di avere un corpo di donna costantemente sessualizzato è avvenuta proprio in quegli anni di pedalate in campagna e di pattinate forsennate sotto il sole. Sono stati gli sguardi maliziosi e i commenti indecenti che mi hanno fatto prendere coscienza di quanto vulnerabile sia un corpo che si muove liberamente e reclama uno spazio pubblico. Per cui, a mio malgrado, ho avuto la consapevolezza molto presto di avere un corpo giovane, armonico e ‘di donna’.

Foto di Alessandra Saviotti
Il tuo viaggio verso il Passatore
Le prime corsette ‘di prova’ le ho fatte durante gli anni dell’università a Venezia, anche se la città non si prestava a percorsi troppo impegnativi. Poi, cominciando a viaggiare molto spesso è stata l’unica parte della quotidianità che potevo portarmi dietro dovunque fossi, insieme allo Yoga. È diventata una pratica regolare quando ho deciso di iscrivermi a qualche gara per cercare di non perdere la motivazione dopo essermi trasferita nei Paesi Bassi, luogo in cui il meteo è molto variabile e per nulla mite. Dopodiché mi sono spostata in California dove ho vissuto un periodo di forte stress emotivo, e la corsa è diventata l’unico momento della giornata in cui il mio cervello riusciva a calmarsi. Allora mi sono iscritta alla mia prima mezza maratona, e da lí poi è stato un processo abbastanza spontaneo e graduale, soprattutto divertente. Ho iniziato a correre sui sentieri con mio marito e un gruppo di amici, ad andare al campo di atletica del quartiere e ci siamo iscritti al Dolphin South End Runners (DSE) il running club più antico di San Francisco, fondato dall’iconico Walt Stack, che ogni settimana organizza una social run di 5km aperta a tutte e tutti. Qualcosa di simile alla ParkRun che poi abbiamo iniziato a frequentare in città e successivamente aiutato ad organizzare ad Amsterdam una volta che siamo tornati in Europa.
Nel 2019 senza crederci troppo, ho partecipato alla lotteria per la maratona di New York e sono stata estratta, per cui l’ho dovuta preparare. Mi sono allenata molto seriamente per poter godermi la gara e la città, che non ha deluso le aspettative, cosí poi ho deciso di provare ad allungare fino a 50km come obiettivo per il 2020. Nonostante la pandemia, ad Amsterdam non ci sono state molte limitazioni di movimento; certo le gare sono state sospese, ma ho continuato ad allenarmi, forse anche più di prima. Cosí ho deciso di provare a correre la distanza e con mio marito abbiamo corso il percorso della Rurseemarathon in Germania (52Km) in autonomia. Dopodichè ho corso altre maratone per cercare di migliorare il tempo, ma la mia distanza preferita è diventata la 50km possibilmente su sentiero non troppo tecnico.
Il Passatore, o come è conosciuta in Romagna, ‘la Cento’ è una gara iconica per chi come me è cresciuta qui. Mio padre tentò di correrla nel 1976 – a 16 anni – con le scarpe nuove, ma si ritirò a Borgo San Lorenzo con i piedi pieni di vesciche e mio nonno che inveiva affacciato al finestrino dell’auto. Mio suocero l’ha corsa più di una volta, come anche mio marito. Tutte le persone della zona hanno un aneddoto particolare legato alla Cento, ci si organizza per seguire i primi e le prime in bicicletta. Verso aprile si cominciano a vedere sempre più persone correre in campagna, in collina, sugli argini dei fiumi, e che sicuramente si stanno allenando per la stessa distanza. Nel 2023 mi sono iscritta, ma la gara è stata annullata per l’alluvione, ma dato che oramai la preparazione l’avevo fatta, ho corso la 100km di Biel/Bienne in Svizzera. Credo che valga la pena di correre una distanza del genere solamente se la gara in sè ha un significato particolare; se penso che perfino il contatto del lenzuolo sul corpo dopo la gara mi procurava dolore, allora davvero ci deve essere una forte motivazione.
Mi viene in mente l’ntervista oramai storica di Sifan Hassan quando, dopo aver vinto la maratona di Londra disse: “I can’t believe I finished the marathon… It’s like somebody who died… I was telling myself I’m so stupid, why I’m playing this kind of game? What the hell am I thinking?! I was crying this morning. Why did I put this thing for myself… What is wrong with me? I think I have a mental issue of something.”
(“Non posso credere di aver finito la maratona… è come se fossi morta… mi dicevo che ero così stupida, perché sto facendo questo? Ma che diavolo sto pensando?! Stamattina piangevo, perché mi sono imposta questa cosa… che cosa non va in me? Penso di avere un problema mentale o qualcosa del genere.”)

Foto di Antonio Cioffi
Dal 2022 mi alleno con Maria Carla Ferrero di Destination Unknown che mi segue ormai da molti anni e che mi aiuta a preparare ‘la gara dell’anno’ che scelgo molto tempo prima. Non riesco a preparare la distanza di 100km ogni anno perché l’ostacolo piú grande è riuscire a non pensare solo a quello durante gli ultimi due mesi. Nel 2023 infatti, nello stesso periodo della preparazione specifica a ridosso della gara, stavo ultimando la tesi di dottorato e il carico mentale di entrambe le cose mi ha drenata. Per questo ho capito che devo preparare 100km a cadenza biennale per avere tempo di riprendermi anche mentalmente.

Foto di Alessandra Saviotti
Ho da sempre un ciclo mestruale molto doloroso soprattutto i primi due giorni. Talvolta sono svenuta per il dolore ed è capitato che mi dovessi stendere a terra per i crampi durante qualche allenamento nonostante l’antidolorifico. La mia prima maratona l’ho corsa al terzo giorno di mestruazioni, ma è andata bene. Per la 100km di Biel/Bienne ero al quarto giorno e ho deciso di correre senza l’assorbente per evitare un ulteriore fastidio. L’importanza dei bagni sul percorso di gara (ma in generale nello spazio pubblico) per esempio è fondamentale, ancora in Italia non si è capito. Più bagni sul percorso significa più partecipazione delle donne: secondo un sondaggio condotto da sheRACES il 72% delle donne intervistate è scoraggiato dall’iscriversi ad una gara per mancanza di servizi adeguati, più bagni poi eviterebbero problemi legati alla salute e al benessere in generale.
La corsa per me è una questione politica più che personale, per cui l’aspetto che più mi esalta è semplicemente il fatto di poter correre la Cento in quanto donna. Come riporta la cronologia sul sito infatti, non è da dare per scontato, e il Passatore per esempio è stata una delle prime gare in cui le donne sono state ammesse da subito (1973) ben prima che si potesse partecipare ad una maratona olimpica (1984), seppure l’accesso all’area élite sia stato aperto nel 1982. L’aspetto che più mi preoccupa è passare davanti a casa a Brisighella e decidere di continuare fino a Faenza!
Non farsi prendere troppo la mano durante la prima parte perchè ‘la gara comincia a Marradi’.
Come ti immagini l’arrivo?
Deserto, dato che prevedo di arrivare nel cuore della notte. Ma spero di riuscire a percorrere la strada che dall’ultima rotonda all’ingresso di Faenza va dritta fino a Piazza del Popolo con la consapevolezza di essermi aggiunta a chi la Cento l’ha corsa in famiglia. Una bella storia da raccontare a mia nipote Olivia che ora ha 10 mesi, magari anche a lei verrà voglia di provarci.
Chi ti ha ispirata nel tuo percorso da ultrarunner/ verso il Passatore persone comuni, figure femminili forti)?
Le atlete e atleti amatoriali che ogni giorno escono a correre, sono la mia prima ispirazione. La mia allenatrice Maria Carla Ferrero perché il giorno in cui ho corso la mia prima 100Km, ha risposto al mio messaggio dopo 1 giorno perché stava correndo una 100miglia. Poi chiaramente ho alcune atlete di riferimento come Alice Milliat, Serena Williams, Oksana Čusovitina, Alfonsina Strada, Carolina Morace, Marta, Monica Giorgi, Kathrine Switzer, Jasmin Paris, Monica Casiraghi, e molte altre.
Come ha scritto la teorica femminista Sara Ahmed più la strada viene percorsa, più continuerà ad esserlo. Io lavoro con le immagini e credo che siano il veicolo più potente per figurarsi un mondo che ancora non esiste e provare a costruirlo. Cosí come hanno fatto le donne e le persone razializzate che sono uscite per strada a correre quando non gli era permesso, a causa di costrutti sociali, politici e culturali, spero che vedere tanti corpi diversi correre, che siano 5, 10, 20 chilometri, possa ispirare altre persone che mai avrebbero pensato di farlo, a provarci.