La Nove Colli Running è una gara su strada durissima: 202km con 3220 di dislivello e una serie di cancelli da rispettare.

Giancarla Agostini, classe 1981, è un’ultramaratoneta con 9129.971 km sulle gambe (contando quelli fatti con le scarpe da corse). Ha completato alla Nove Colli Running ben otto volte.

Le ho chiesto di parlaci un po’ di lei, della sua “ossessione” per questa gara e di dare otto consigli a chi la affronterà per la prima volta.

Parlaci un po’ di te

Ho 40 anni e vivo a Montaldo Roero, un piccolo paese tra le colline del Roero nei pressi di Alba, patria della Nutella, di cui sono appassionata (e la mia bilancia lo sa). Sono cresciuta in una cittadina alle porte di Torino, Carmagnola, ma ne sono scappata una decina di anni fa. La vita di città, anche se piccola, non fa per me. Ho fatto la commercialista fino al 2021, ma nel frattempo, a conclusione di una lunga crisi “mistica”, ho superato il test d’ingresso alla Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino e sono tornata a studiare. Niente mariti, niente figli, vivo con mamma e, al momento, 19 cani.

Hai sempre fatto sport?

Da bambina sono sempre stata un terremoto nonostante l’obesità, ma ho cominciato ad avere a che fare con qualche sport intorno agli anni della scuola media. Qualche tentativo con il judo e la pallavolo, ma la compagnia degli altri esseri umani, anche sotto forma di gioco, già allora non era affar mio. Ho cominciato con il ciclismo a 16 anni e solo qualche anno più tardi mi sono dedicata anche alla corsa. 

Giancarla Agostini indica il paese bovina

Tutte le foto sono di Giancarla Agostini

 

Come mai hai iniziato a correre?

La bici per molti anni è stata la mia passione principale, finché il tempo a disposizione per gli allenamenti, sempre più risicato per via del lavoro, e qualche incidente di troppo mi hanno portata a virare decisamente verso la corsa (tendenza che si sta nuovamente invertendo negli ultimi mesi). La scelta delle lunghissime distanze è nata, anche qui, prima con il ciclismo. Non ho mai avuto né le doti fisiche, né la voglia di allenarmi con criterio per puntare a tempi e posizioni di riguardo in classifica: il mio modo di conquistare obiettivi fuori dal comune è stato quello di mettere in fila tantissimi chilometri e tanto dislivello, il tutto condito da notti insonni e, ogni tanto, anche condizioni ambientali non idilliache.

Ho capito abbastanza presto che il corpaccione, pur pesante e ben lontano dai canoni atletici classici per la bici e per la corsa, era propenso ad accompagnare le mie intenzioni e così ne ho approfittato in abbondanza. Non ho mai prestato alcuna attenzione alla qualità delle prestazioni sportive o alla classifica: l’unico dato numerico di cui mi sia mai preoccupata è il tempo massimo.

La Nove Colli Running

Hai completato la Nove Colli Running otto volte. Come è nata questa “ossessione”?

Prima di affrontarla a piedi, ho partecipato per alcune edizioni alla versione ciclistica, la celeberrima granfondo. E’ stato in quelle occasioni che ho visto i podisti e mi sono fatta spiegare cosa diavolo stessero combinando. La mia prima reazione è stata “Questi sono fuori di testa”. La seconda è stata “Ma se qualcuno ce la fa, perché non provare?”.

Il primo tentativo, nel 2010, si è arenato al km 150, dove sono arrivata fuori tempo massimo. Ma io sono testarda. Nonostante la delusione, del fallimento ho fatto tesoro e l’anno successivo, puntuale, ho voluto riprovare. A inchiodarmi all’appuntamento di Cesenatico sono stati la passione, il calore, lo spirito di accoglienza di Mario Castagnoli e di tutti, proprio tutti i suoi collaboratori: per me, mezza piemontese e mezza ligure, somma dei tipici caratteri burberi, scontrosi e diffidenti, l’allegria festaiola della Romagna è una vera gioia.

Poi il percorso è meraviglioso, in gran parte tranquillo, lontano dal traffico. E la concomitanza con la granfondo ciclistica, con cui ho sempre condiviso gli ultimi 40 km di gara, è la “botta di vita” indispensabile per trovare la forza e l’entusiasmo di raggiungere quota 200 km. Per nove anni, compreso il primo “esplorativo”, non ho mai voluto mancare. Anno dopo anno, poi, la voglia di allungare la serie si è sempre ripresentata, prepotente. Era fatale che prima o poi qualcosa andasse storto e l’incantesimo si rompesse: è successo nel 2019.

Giancarlo gioca con cane

 

Immagino che ci siano stati molti momenti belli e memorabili in ognuna delle edizioni a cui hai partecipato. Ce ne puoi raccontare qualcuno?

Momenti belli. Se dovessi metterli tutti su carta, mi toccherebbe deforestare tutto quel che resta di vegetale sul pianeta per produrre i fogli necessari. Il calore del pubblico alla partenza e nei primi chilometri, i punti di ristoro “abusivi” con il caffé servito nel cuore della notte da qualche tifoso intraprendente e dotato di macchinetta a cialde, le chiacchiere a notte fonda con qualche compagno d’avventura assonnato come me, l’affiatamento con la mia storica “scorta tecnica ciclistica” nelle occasioni in cui ho corso con assistenza, il cartello “ultimo km”, l’odiato ed amato ultimo cavalcavia, il rettilineo finale.

foto scherzosa

 

Un momento divertente sopra tutti: si era ancora nei primi 20 km e, a un incrocio, per “colpa” di un volontario distratto, noi corridori sbagliamo strada, tutti o quasi. Mi trovo verso il fondo del plotone, in compagnia di alcuni colleghi tra cui il mitico Filippo Popof Poponesi, lui sì veterano delle gare massacranti. Ci viene ordinato di tornare indietro. Ci giriamo, riprendiamo a correre nel verso opposto e Popof esclama: “Oh ragazzi, siamo primi!!!!!!”. Le migliori poi sono state le edizioni in cui, alla NCR nuda e cruda, ho aggiunto ulteriori cause di massacro: le due volte in cui, il giorno prima della gara, ho percorso il giro in bici e la volta in cui, il fine settimana precedente, ho corso una meravigliosa gara simile, da 200 km, in Ardeche. Lì sì che ho messo a serio rischio la prosecuzione della serie di successi. Ma ce l’ho sempre fatta.

E i momenti più difficili?

Momenti bui, senza dubbio l’ultimo, il ritiro alla mia decima partecipazione. Tristissimo, anche se inevitabile, perché ormai, dopo tanti anni sulla lunga distanza, so distinguere senza possibilità di errore una crisi di quelle che passano da una cotta di quelle che ti abbattono. Triste ma, in un certo senso, anche liberatorio, perché non avrei mai potuto decidere di smettere con la Nove Colli Running finché la serie di successi fosse stata in corso. A quel punto, ho potuto dire basta.

Otto consigli

Quali sono i tuoi consigli per chi affronterà questa gara per la prima volta? Prova a darne otto, come la tua serie alla NCR

Qui viene il difficile. Posso scavare nel bagaglio dell’esperienza per dispensarne qualcuno a chi, come me, non ha e non avrà mai ambizioni di classifica: agli altri non saprei proprio che dire.

  • UNO. Non arrendersi se, al primo tentativo e magari anche al secondo, non si riesce a raggiungere il traguardo. Non è un fallimento, è esperienza, davvero. Oserei dire che un fallimento serve. Provate, partite senza aspettative, la prima volta. Buttate via l’orologio ed andate a sensazione. Finché non provate sulla vostra pelle il percorso e la gara in sé, la tabella di marcia può essere solo deleteria.

  • DUE. Non affannarsi, non preoccuparsi se si resta presto ultimi e se si continua ad essere ultimi a lungo. Tenere un passo tranquillo, mai superiore, ma neanche vicino al proprio limite. Mai, mai, mai, perché la faccenda è lunghissima e si rischia di pagare caro anche un banale breve scatto fatto per raggiungere un amico da salutare. Tranquilli che prima o poi, se sarete prudenti, comincerete a raccogliere cadaveri.

  • TRE. Mangiare e bere regolarmente, il più possibile, finché possibile. Lasciate perdere i gel, le polverine, le barrette energetiche. I ristori offrono ogni bendidio: approfittatene. Mangiate pasta, pane, formaggi, biscotti, bevete Coca Cola, sciroppi, anche la birra. Non dico di ingozzarsi, ma guai a saltare anche un solo ristoro. Non vorrei demolire speranze, ma credo che la Nove Colli, come del resto qualsiasi gara di corsa così lunga e faticosa, non sia roba per stomaci delicati. Ad un certo punto è probabile che si arrivi comunque a non riuscire più ad alimentarsi, vuoi per la nausea, vuoi per il caldo. E’ bene, a quel punto, poter contare sulle scorte accumulate in precedenza. E poi, volete mettere? Un atleta, nella vita quotidiana, deve per forza essere attento a limitarsi a tavola per non mettere su peso. Per una volta che abbiamo la possibilità di strafogarci senza rimorsi come se non ci fosse un domani, approfittiamone!

  • QUATTRO. Soprattutto se si decide di viaggiare in autonomia, senza assistenza, consiglio di sfruttare in abbondanza la possibilità di spedire borse proprie ai punti di ristoro. E’ bene studiare la disposizione dei punti di ristoro e farsi un’idea di massima di quando si arriverà dove, sia pure senza ossessioni verso l’orologio, come ho già detto. Una cosa tipo: “Lì arriverò per l’ora di cena, là arriverò più o meno per l’alba”. Ci sono due punti di assistenza più strutturati, dove si trovano riparo e pasti caldi, il Barbotto ed il Perticara. Io so che al Barbotto arrivo a sera tardi e mando lì il bagaglio per la notte. So che arrivo al Pugliano, punto di ristoro un po’ più spartano, al mattino presto e mando lì un nuovo cambio per la giornata successiva.

  • CINQUE. Se si decide di correre con assistenza, attenzione alla scelta dell’assistenza. La scorta tecnica deve essere una persona con un minimo di esperienza di ultra. Deve saper incoraggiare ed intervenire quando serve, stare a distanza ed essere discreta quando occorre. Deve risolvere problemi e non crearli; non deve mai manifestare impazienza, noia, stanchezza, fretta. Se si tratta di una squadra, deve essere una squadra affiatata e collaborativa. E’ molto molto importante: è la scorta tecnica che deve preoccuparsi per il corridore e non viceversa. Il corridore deve poter pensare solo ed esclusivamente a correre. Una scorta tecnica inadeguata, anche se animata da buona volontà, fa più danno che beneficio.

  • SEI. Qui predico bene, ma razzolo malissimo. Le notti precedenti la gara, se possibile, cercate di dormire il più a lungo possibile. Se arrivate alla partenza ben riposati, la notte insonne la sopporterete senza troppi problemi. Sconsiglierei di fermarsi a dormire in itinere, se si viaggia a filo dei cancelli intermedi e del tempo massimo. Quando arriva il sonno, se potete, avvicinatevi a qualche altro corridore. Chiacchierate di qualsiasi cosa. Se siete da soli, mettetevi a cantare: non importa se siete stonati, non è un concorso musicale. Se proprio non ce la fate, concedetevi un microsonno, pochi minuti al massimo, ma sappiate che facilmente vi rialzerete irrigiditi ed intirizziti e ci vorrà un po’ perché vi rimettiate in carreggiata.

  • SETTE. Per quanto siate stomaci robusti, decine di ore di corsa ed alimentazione quantomeno “fantasiosa” potrebbero mettervi a dura prova. E’ una faccenda ben poco poetica ma assai pratica: portate sempre con voi una buona scorta di carta igienica e, se possibile, salviette detergenti. Ed approfittate dei wc chimici quando ci sono. Mantenere il più possibile pulite le parti intime non è questione di essere fighetti: il problema è che, ora dopo ora, le irritazioni possono diventare dolorose e molto limitanti. Metterei nello zainetto anche un blister di Imodium o qualcosa del genere; possibilmente farmaci già collaudati.

  • OTTO. Prediligete abbigliamento già provato più volte in allenamento. Le scarpe, ovviamente (anche qui predico bene ma razzolo male, per me è una tradizione inaugurare un nuovo paio di scarpe al via della NCR, ma si tratta sempre della stessa marca e modello di quelle che uso in allenamento). E gli abiti: nulla che stringa, che sfreghi. Ricordate sempre che un piccolo fastidio, dopo ore, diventa un dolore insopportabile. Spalmatevi addosso abbondanza di crema anti sfregamenti tipo Pasta di Fissan e portatevela dietro, oppure mettetela nelle borse che spedite ai ristori. Inoltre, se le previsioni indicano sole, non è male nemmeno l’idea di usare la crema solare: da quelle parti si rischia di arrostire!