Carmela Vergura è un vulcano di energia. È in continuo movimento da sempre, da quando, a 12 anni, partecipò ai suoi primi giochi della gioventù. Tra MTB, ultra, ultra trail, skyrace, triathlon, e sci di fondo ha partecipato ad oltre 1500 gare. L’abbiamo incontrata per voi e dall’intervista viene fuori un bellissimo ritratto di donna forte e determinata, che non mi è mai lasciata limitare da nessuno. Siamo sicure che la sua energia e positività riuscirà a contagiare anche voi!

Carmela raccontaci qualcosa di te

Sono nata a San Giovanni Rotondo, paesino dell’entroterra garganico, dove ho vissuto sino all’età di 24 anni. Tra un mese compio 58 anni, attualmente vivo in Piemonte, vicino a Ivrea. Sono sposata con un piemontese doc, tutti lo conoscono con il nome di “santo” per la pazienza che dimostra da tanti anni a sopportarmi e supportarmi. Abbiamo una figlia: Elisa, di 14 anni (la mia più grande sfida ultra, quella di diventare mamma quando ormai avevo perso le speranze). Dopo il diploma di laurea, conseguito all’ISEF di Foggia, sono partita per la mia prima supplenza come insegnante di educazione fisica in Val Di Fiemme. La scelta del Trentino è stata casuale: mi ricordo che, dovendo fare le famose domande di supplenza, ho aperto la cartina geografica dell’Italia, ho chiuso gli occhi e il mio dito è andato a finire sulla Val di Fiemme!

La scuola si trovava esattamente dove viene posizionato l’arrivo della Marcialonga di Fiemme e Fassa, che ha segnato l’inizio delle mie avventure nell’ultraendurance. Dopo 3 anni di Trentino, mi sono trasferita in Valle D’Aosta. Amavo allenare e non ho resistito alla richiesta di una società che cercava un allenatore di nuoto (altra mia passione oltre l’atletica). Ho vissuto ad Aosta per 7 anni. Anni molto importanti: ho costruito la mia professione come allenatrice, ho praticato triathlon, mi sono innamorata della montagna e delle Alpi. Durante il periodo in Valle D’Aosta, ho conseguito il diploma di specializzazione sul sostegno, ho conosciuto anche la persona che poi sarebbe diventata mio marito, sono tornata a insegnare a scuola (attualmente la mia professione), ma lo sport è stato sempre il motore di tutto ciò che ho fatto sia a livello lavorativo che come passione.

Carmela e il lago
Carmela in gara

Quando hai iniziato a praticare sport?

A 12 anni ho preso parte ai primi giochi della gioventù. La mia insegnante di ginnastica delle medie mi ha trasmesso la passione per il movimento. Un ricordo bellissimo. Da lì ha avuto inizio una mia vita fatta di gare.
Purtroppo la mia giovinezza non è stata facile dal punto di vista sportivo: con un padre severo e la mentalità del sud (le donne erano quasi tutte dedite alla casa) praticare sport non è stato facile. La mia scelta di andare via dalla Puglia non è stata casuale: la voglia di riscatto, di rappresentare quel mondo femminile del sud che si stava lentamente evolvendo anche nello sport, di rivendicare gli stessi diritti e doveri dell’uomo. Avevo bisogno di esprimere la mia libertà praticando lo sport in modo libero e senza essere giudicata da nessuno in quanto donna.

Quante sono le gare a cui hai partecipato?

Non le ho mai contate. Posso dire che tra MTB, corsa trail e ultratrail, skyrace, skyvertical, winter triathlon, triathlon, sci di fondo, skialp, ciaspole, nuoto, bici da strada, è molto probabile che il totale si avvicini a 1500 gare in oltre 45 anni di vita sportiva e agonistica. Nel 2012 ho terminato con un totale di oltre 62 gare: vuol dire più di una gara a settimana. Mi piace l’agonismo, indipendentemente dalla performance.

Che cos’è per te l’ultramaratona?

È una sfida personale; è mettersi in gioco superando i propri limiti anche quando la testa o il corpo chiedono il riposo. “Ultra” è da sempre un termine che fa quasi paura: è andare oltre il proprio limite.

Hai mai avuto momenti di difficoltà in gara o momenti in cui hai avuto paura?

Ho avuto momenti di tensione in due occasioni: durante una gara in Canada e al primo Tor Des Geants nel 2011. In Canada ho preso parte ad un Trail nella foresta dell’Ontario. Ci avevano avvertito di non uscire mai dai sentieri per evitare di incontrare gli orsi, beh io non sono uscita dal sentiero ma l’orso l’ho visto veramente! In quell’occasione penso di aver superato il mio stesso limite di velocità. L’adrenalina era salita ad un punto tale che mi sono sentita quasi sollevare da terra mentre mi allontanavo velocemente dall’orso. Invece durante il primo Tor Des Geants (2011) è stato difficilissimo gestire il sonno. A causa della privazione da sonno, durante la quarta notte ho avuto le allucinazioni. Vedevo gli alberi muoversi continuamente; ho avuto paura: quello stato ipnotico ti fa staccare dalla realtà.

carmela in montagna

Quale ultra hai nel cassetto?

Considerando la mia curiosità verso luoghi diversi, spero un giorno di andare in Patagonia; se questo non sarà possibile, vorrei partecipare alla gare delle isole Reunion o alla Boa Vista. Oppure attraversare l’Italia in autosufficienza con una bici Gravel, partire da Ivrea e arrivare sul Gargano. Difficilmente prenderò ancora parte a gare ultra come il Tor Des Geants o l’UTMB; piuttosto spero di partecipare ad un ironman in cui non ho mai gareggiato.

Quante volte hai partecipato al Tor Des Geants e cosa ha significato per te?

Ho iniziato proprio all’edizione zero del TOR, nel 2009. La regione Valle D’Aosta nel progetto della valorizzazione delle Alte Vie 1 e 2 ha contattato una società sportiva per trasformare il percorso ad anello delle Alte Vie nell’ultratrail più duro al mondo. All’epoca c’era già l’UTMB che in qualche modo aveva aperto l’epoca delle ultra sui sentieri. L’arrivo del TOR e la crescente curiosità verso il trailrunning mi ha spinto a mettermi in gioco in una sfida al limite dell’impossibile. Sono poi ritornata nel 2011, 2012 e 2018, tra incoscienza e pazzia. Incoscienza perché agli inizi nessun atleta sapeva bene come prepararsi per un ultratrail. Pazzia perché bisogna avere la testa per rimanere lucidi, per non ascoltare quella voce che ti dice di fermarti quando hai i piedi distrutti dalle vesciche, dolori alle articolazioni, momenti di sonno che non sai come gestire, e chiudere una sfida personale che regala uno stato di euforia che resta per giorni, settimane e mesi.

La partecipazione al mio primo Tor è arrivata dopo un periodo molto buio per me, dovuta alla depressione post-partum. Un periodo della mia vita abbastanza particolare. La sfida del Tor come rivincita su un periodo di buio? Non lo so, so per certo che è stata una scelta che va al di là della sfida sportiva: nulla è impossibile se lo vuoi! È diventato il mio motto nella vita.

Cosa spinge una donna a sfidarsi su prove estreme come le ultramaratone?

Per tanti secoli la donna ha sempre avuto un ruolo, diciamo, fisicamente inferiore. La prima donna che ha preso parte ad una maratona si è dovuta travestire da uomo. E questa non è storia dei secoli passati, è storia recente. Kathrine Switzer nel 1967, grazie ad uno stratagemma, ha dato vita e ha sostenuto quel movimento sportivo che ha portato la maratona femminile a diventare disciplina olimpica nel 1984. Questo fa capire quanta strada sia stata percorsa, sia in termini di consapevolezza che di prestazione, dalle donne nello sport. Certo, la presenza femminile in molte competizioni è ancora parecchio inferiore rispetto agli uomini, ma sono convinta che presto pareggeremo il conto.

Segui un’alimentazione particolare per prepararti al meglio alle gare di resistenza?

Assolutamente no, l’aspetto alimentare va curato sempre e comunque, per la prevenzione delle malattie e per la salute del nostro corpo. In generale, e questo lo dico anche alle persone che alleno e ai miei studenti, bisogna mangiare di tutto, guardando le proporzioni in base all’età e al sesso e allo sport praticato. A livello professionistico le cose cambiano, il modello prestativo richiede sforzi e sacrifici per arrivare in alto, ma a livello amatoriale una sana dieta mediterranea e l’attenzione ai cibi sani è la strada migliore. Praticando sport di resistenza possono cambiare le quantità dei macronutrienti. Il fisico nel tempo cambia e in particolare dopo la menopausa per le donne le cose si complicano, i recuperi post gara e l’alimentazione sono due parametri che si devono controllare ancora di più. Certo sarebbe bello restare sempre giovani fisicamente!

Ti prepari da sola o hai qualcuno che ti segue?

Amo mettermi in gioco, se sbaglio è colpa mia, provo su me stessa gli allenamenti prima di proporre agli altri. Allenando in piscina mi sono resa conto che l’acqua e la terra sono due ambienti completamente differenti da allenare, ma le capacità fisiche sono quelle. Devi solo capire quali sono gli obiettivi da raggiungere e con quali mezzi raggiungerli.

Stai per compiere 58 anni, quale regalo ti piacerebbe ricevere?

Tornare all’abbraccio con le persone, tornare ad insegnare in modalità normale, tornare a urlare sul bordo vasca mentre insegno acqua gym. Tornare a girare l’Italia per partecipare alle gare e soprattutto allenare tante donne!