Abbiamo fatto qualche domanda a Silvia dalla Fontana, ultramaratoneta dal 2021, e ne è venuta fuori una bella chiacchierata, piena di spunti interessanti. Se, come noi, siete interessate alla “questione” donne nell’ultramaratona, vi consigliamo di arrivare fino alla fine dell’intervista

 
Età: 32 anni
Dove vivi: tra Lugano (Ticino – Svizzera) e Marostica (Vicenza)
Lavoro: Dottoranda in economia e finanza

Hai sempre fatto sport? 

Ho sempre fatto sport ma solo perché a casa mia quando iniziava l’anno scolastico era anche il momento in cui scegliere quale sport fare durante l’anno, tra le elementari e le superiori ho fatto pallavolo, danza moderna, d’inverno sci.  Non che non mi piacesse fare sport. Diciamo che non era il mio forte, me la cavavo meglio tra i libri, il voto più basso in pagella era sempre quello di educazione fisica. La passione per la corsa infatti è arrivata abbastanza tardi, circa 7 anni fa!

Come hai iniziato a correre e cosa ti ha portato verso l’ultramaratona? 



Ho iniziato a correre quando mi sono trasferita per lavoro un anno a Francoforte nel 2017. C’è stato un momento in cui tra il licenziarmi dal vecchio lavoro e il trasferimento all’estero, tempo (e soldi) erano troppo pochi per l’abbonamento in palestra quindi ho comprato un paio di scarpe alla Decathlon, preso in prestito il vecchio Garmin di mio papà, scaricato esattamente questo programma dal sito di Runlovers (clicca QUI)

Ricordo ancora l’emozione dei miei primi 5km corsi senza fermarmi, e il punto  esatto in cui mi trovavo quando ho bloccato il Garmin e ho letto 5km in (boh?!) minuti. Sinceramente mi sono sentita orgogliosa in quel momento tanto quanto dopo la mia prima 100 km. Con il trasferimento a Lugano è arrivata anche la voglia di sperimentare la corsa in montagna, e lì è stato amore da subito. Amavo la montagna da bimba, e non appena ho allacciato le scarpe per correre tra i sentieri dietro casa, quell’amore è rinato. Sono arrivata all’ultramaratona per curiosità, e per quel pizzico di sociopatia che ti fa vedere il fatto di trascorrere un numero imprecisato di ore da sola tra i monti come una grande opportunità.

Quale delle gare che hai fatto ti è rimasta nel cuore e perché?

La CCC dello scorso anno è stata magica, essere a Chamonix e respirare nell’aria la passione di migliaia di persone per questo sport è stato pazzesco, era anche la prima volta che coprivo quella distanza e che vedevo il massiccio del monte bianco, è stato molto emozionante. Il mio posto del cuore rimangono le Dolomiti, ho amato il percorso della Dolomiti di brenta, della Transcivetta e poi, quest’anno, della LUT. La mattina presto attorno alle Tre Cime di Lavaredo è stato un momento bellissimo che porterò sempre con me.

Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare e superare in una gara? 

Ogni gara passo i primi 10-15 km a cercare di zittire il mio cervello che tenta l’autosabotaggio: “Ma cosa ci fai qui in mezzo? Non c’entri nulla qui ma dove pensi di andare?” etc. Di solito superata quella fase, poi migliora. A parte questo a Snowdonia in Galles l’anno scorso ho fatto un’intossicazione alimentare il giorno prima della gara; sono partita lo stesso perché pensavo di stare un po’ meglio (spoiler: scoprii molto presto che non era così), quindi ho finito per trascinarmi da un punto all’altro senza forze. Perché non mi sono fermata? Onestamente solo perché l’idea di salire su un pulmino con la nausea che avevo mi terrorizzava ancor più del dover fare quei chilometri a piedi.

SIlvia arrivo

Foto di Silvia dalla Fontana

Quale gara hai nel cassetto?

Non saprei. Non penso spesso alle gare. Però dovessi dirne una così ora, di pancia, direi fare un giorno il giro completo attorno al monte bianco. Ah, e tornare a correre la LUT, sì decisamente! 

Hai un obiettivo ultimo che vuoi raggiungere nella tua carriera di ultra runner? 

Direi che il mio obiettivo ultimo è di poter portare questo sport con me per tutta la vita. Detto ciò una 100 miglia è sicuramente qualcosa che mi piacerebbe provare un giorno. Appunto magari tornare a Chamonix e questa volta per fare il giro completo. Però voglio arrivarci con calma. Mi rendo conto che alla fine di un’ultra quello che mi rimane più di qualsiasi altra cosa, più della gara stessa, è il percorso che ho intrapreso per arrivare a quella linea di partenza, quindi voglio prendermi il tempo per “crescere” e maturare l’esperienza che voglio avere per affrontare una gara del genere.

Le donne che corrono e le donne che corrono ultra stanno aumentato di anno in anno, ma la percentuale rispetto rispetto agli uomini è sempre molto bassa. Secondo te perché? quali sono gli ostacoli maggiori per le donne? 

Mi sta molto a cuore questo argomento, e sono sempre alla ricerca di articoli e dati che possano dirci qualcosa in più. Sicuramente moltissimi fattori incidono, alcuni al volo:

  • La gestione dei carichi familiari diversa

  • La necessità di passare molte ore da sole in luoghi isolati. Io sono una privilegiata, lavoro e vivo in Svizzera e mi alleno in luoghi dove raramente mi sono sentita in pericolo (parlo di pericoli correlati a differenze di genere come una violenza), ma moltissime donne non hanno questo mio stesso privilegio

  • Credo anche giochi un ruolo determinante l’idea che abbiamo su quale siano i limiti fisici di una donna rispetto ad un uomo: cresciamo bombardate dal modello maschile associato alla forza fisica. Eppure i dati sulle ultramaratone ci dicono che noi donne ce la caviamo alla grande!

  • Mi viene poi in mente il ruolo che può avere la scarsa storia scientifica al femminile: ad oggi molti studi sulle performance sportive si basano principalmente sull’analisi di atleti uomini, e questo significa per un’atleta donna meno evidenza scientifica a supporto della propria crescita. Questo aspetto sta migliorando negli ultimi anni, ed è fondamentale tenere alta attenzione e interesse sul tema affinché si continui a migliorare in questo ambito.

  • Concludo menzionando quanto importante possa essere anche una copertura mediatica equa nello sport. In questo ambito mi sembra che la corsa, soprattutto la corsa in montagna, stia facendo passi in avanti rispetto ad altri sport. Insomma la strada è ancora lunga ma credo che questo bellissimo sport abbia le carte in regola per farsi promotore di cambiamenti. 



Foto di Silvia dalla Fontana

Che impatto ha il ciclo sui tuoi allenamenti e gare? 

Da un po’ di anni soffro di sindrome premestruale. I sintomi variano di mese in mese, con alcuni mesi più difficili da gestire, che includono sbalzi di umore abbastanza invalidanti e molta fatica fisica. La cosa importante in quei momenti è riconoscere che il malessere è dovuto a questo e che quindi nel giro di qualche giorno passerà. Purtroppo nessun medico ad oggi  ha saputo aiutarmi, e i commenti di solito vanno dal “è normale!” (spoiler: non lo è) a consigli rivoluzionari come “hai provato il magnesio?”. Ma non dò colpe a nessuno, si sa davvero poco in merito… continuiamo a parlarne cosicché ci sia la voglia di saperne di più!

Hai un allenatore/ice che ti segue? 

No, al momento io e Mattia ci gestiamo gli allenamenti in autonomia, consultandoci a vicenda, informandoci e leggendo. La programmazione delle settimane di allenamento è diventata parte integrante e divertente del fare questo sport. La mia strategia comunque di solito è abbastanza semplice: mi alleno quanto mi va, e di solito mi va tanto!

Hai qualche talento nascosto oltre la corsa?

Chi è che ha talento nella corsa? Ahah, no, io no. Ma faccio del mio meglio per compensare un po’ con determinazione e passione. 

Dove ti vedi tra dieci anni? 

Sono sincera, non ne ho la minima idea, sto finendo il mio percorso di dottorato quindi i prossimi 12 mesi saranno una grandissima incognita. Ovunque sarà, mi auguro con la salute e felicità di oggi, e con la stessa voglia di allacciare le scarpe e perdermi per sentieri!