Di Ben Bloom, apparso sul Telegraph il 29/7/2020.
Tradotto da Donn&Ultra.

Le donne correranno più veloci degli uomini?
Camille Herron – Foto di Camille Herron
Maggie Guterl at Backyard
Maggie Guterl: foto da Canadian Trail Running 
Le donne correranno più veloci degli uomini?
Courtney Dauwalter: da Moab 240 mile Endurance Run

È una verità universalmente riconosciuta che gli uomini siano più veloci delle donne. Dalla dimensione del cuore alla massa muscolare, dal grasso corporeo alla capacità di trasportare ossigeno: c’è una serie di differenze fisiologiche per le quali l’uomo medio risulta sempre più veloce della donna media. Questo è vero anche per i professionisti dell’atletica: infatti, in tutte le specialità della corsa, i migliori uomini al mondo sono tra il 10% e il 16% più veloci delle donne.

E se questa opinione consolidata non fosse totalmente vera? Se scoprissimo che, più lunga è la distanza, migliori diventano i risultati delle donne? Se, insomma, le donne fossero così adatte alle gare oltre una certa distanza da poter battere gli uomini?

Benvenuti nel mondo dell’ultrarunning.

Quando Jasmin Paris fece notizia l’anno scorso per la vittoria nella Spine Race, una gara di 268 miglia dal Peak District fino al confine con la Scozia – ottenuta frantumando il precedente record e abbassandolo di 12 ore – divenne l’ultima di una lista sempre più lunga di donne che hanno battuto tutti gli uomini in gare di ultrarunning (cioè più lunghe di una maratona).

La podista americana Ann Trason ne ha fatto un vero e proprio mestiere tra gli anni ‘80 e ‘90; in Inghilterra l’agricoltrice Nicky Spinks lo fa regolarmente da circa dieci anni e l’americana Camille Herron – detentrice di molteplici record del mondo – è abituata a lasciare dietro gli uomini. Infatti, molti degli eventi di ultrarunning più importanti hanno visto, ad un certo punto della loro storia, una donna vincitrice assoluta.

C’è anche la sensazione che le imprese di donne straordinarie nell’ultrarunning stiano diventando sempre più comuni. Soltanto la scorsa settimana (NdT: fine luglio 2020), Beth Pascall ha battuto il record femminile della Bob Graham Round, completando 56 miglia attorno al Lake District in 14 ore e 34 minuti. Carla Molinaro ha limato di 10 ore il precedente record femminile del Land’s End to John O’Groats, finendo in poco più di 12 giorni.

In Aprile è stato pubblicato uno studio che sembra suggerire che le donne eccezionali potrebbero non essere delle anomalie. Le scoperte dello studio “State of Ultra running”, che ha analizzato più di 5 milioni di risultati tra il 1996 e il 2018, sono letteralmente incredibili. Lo studio ha rivelato un 11,1% di differenza tra il tempo di arrivo degli uomini e quello delle donne sulla distanza della maratona, ma questo divario si riduce a solo il 3,7% oltre le 50 miglia. Sulle 100 miglia, poi, diventa un insignificante 0,3% e, incredibilmente, su distanze superiori alle 195 miglia le donne sono più veloci degli uomini dello 0.6%.

Sono corretti questi numeri? Può essere che le donne siano così adatte all’aumento delle distanze estreme che possono essere persino più veloci degli uomini? E, se così fosse, perché?

Perché gli uomini sono più veloci delle donne?

Prima di capire in che modo le donne possano essere più adatte ad una forma di corsa piuttosto di un’altra, è necessario analizzare le ragioni per il dominio maschile nello sport. È innegabile che ci si aspetti che gli uomini corrano più velocemente delle donne in tutte le specialità, e lo è per un numero di ragioni fisiologiche:

  • Cuore più grande – sebbene i battiti delle donne siano più frequenti, questo non è sufficiente a controbilanciare il vantaggio maschile nelle dimensioni del cuore. Gli uomini quindi pompano più sangue nel corpo delle donne.
  • Più emoglobina – gli uomini hanno un numero maggiore delle proteine nelle cellule rosse del sangue che sono responsabili di portare ossigeno ai muscoli e tessuti del corpo.

  • Massa muscolare più grande – gli uomini tendono ad aver una massa muscolare più grande. Per esempio, la gamba di un uomo ha circa l’80% di muscolo, paragonato al 60% in una donna.
  • VO2 max più alto – le donne tendono ad avere polmoni più piccoli degli uomini il che vuol dire che il loro consumo massimale di ossigeno (VO2 max) – o la quantità di ossigeno che una persona può usare durante uno sforzo prolungato – è più basso.
  • Meno grasso – le donne hanno una percentuale di grasso corporeo maggiore rispetto a quella degli uomini. Questo aggiunge peso che spesso può ostacolare la prestazione sportiva.
  • Fianchi più stretti – alcuni studi hanno dimostrato che poiché le donne tendono ad avere fianchi più larghi, la loro postura di corsa non è così efficiente.
Alcune previsioni (errate) circa la futura superiorità delle donne. 

Nonostante i vantaggi fisiologici, alcuni studiosi hanno previsto che le donne ribalteranno la situazione nella velocità, anche se queste previsioni non si sono sempre rilevate corrette.

In un articolo del 1992 “Will women soon outrun men”, due fisiologi sostenevano che se le prestazioni delle donne avessero continuato a seguire la stessa traiettoria su cui si trovavano a partire dagli anni 20, le donne più forti avrebbero presto corso più velocemente degli uomini più forti.

Secondo loro, i record del mondo sulla maratona maschile e femminile si sarebbero uguagliati nel 1998, mentre nel 2030 sarebbe successa la stessa cosa per gli 800m e i 1500m. In realtà, nel 1998 il record mondiale delle donne in maratona era 14 minuti più lento di quello degli uomini – un divario che rimane uguale dopo oltre due decenni.

Questa previsione sbagliata non ha impedito ad un altro gruppo di scienziati di pubblicare un articolo nel 2004, “Momentous Sprint at the 2156 Olypmpics?”, in cui sostenevano che dal 2064 le donne avrebbero potuto ottenere risultati più veloci degli uomini sui 100m e che il sorpasso definitivo sarebbe avvenuto al più tardi nel 2156, quando sarebbero state capaci di correre tale distanza in 8.079 secondi.

Sebbene manchi ancora più di un secolo per vedere in maniera definitiva se questa previsione sia corretta o no, sembra sempre meno probabile che ciò accada.

Il difetto fondamentale di entrambi gli studi è di partire dal presupposto che i miglioramenti lineari del passato continuino con lo stesso passo. Entrambi gli articoli hanno considerato i precedenti miglioramenti delle donne nella corsa senza analizzarne le ragioni. Innanzitutto, alle donne non è stato consentito gareggiare nelle varie discipline dell’atletica fino a molti decenni dopo l’uomo, quindi era chiaro che i miglioramenti sarebbero arrivati più tardi e in maniera più marcata. Inoltre, il grande salto avvenuto negli anni ‘80 può anche essere attribuito all’uso diffuso di doping tra le atlete.

Per quanto gli scienziati ci avessero sperato, lo sport tende a non seguire una progressione lineare.

Perché gli studi più recenti potrebbero essere diversi?

Mentre le previsioni fatte in maniera generalizzata sono state ampiamente discreditate, il recente studio “State of Ultra Running” – condotto dal sito RunRepeat e dalla IAU (Associazione Internazionale degli Ultrarunner) – restringe l’attenzione su una forma specifica dello sport: gli eventi di ultrarunning che includono tutte le gare oltre i 42,195km della maratona.

Qual è quindi la prova che supporta le teorie secondo cui le donne possono avere risultati migliori sulle distanze estreme? Vanno considerati quattro fattori:

  • Trasformano il grasso in energia in maniera molto più efficiente.

E’ stato dimostrato, sia tra i podisti professionisti che tra gli amatori, che le donne hanno una percentuale di grasso corporeo più alto degli uomini. Mentre solitamente questo è visto come un fattore negativo per le prestazioni sportive, ci sono delle indicazioni che dimostrano come il grasso eccessivo possa essere un vantaggio nell’ultrarunning, specialmente considerando che alcuni studi hanno dimostrato che le donne bruciano – o ossidano – il grasso corporeo meglio degli uomini quando fanno sport.

Essenzialmente, chi brucia meglio il grasso è più predisposto a correre meglio sulle lunghe distanze.

“La componente fisiologica più importante nelle prestazioni di resistenza – specialmente nelle ultra – è ciò che chiamiamo “capacità ossidante” spiega al Telegraph Sport Nicholas Tiller, un ricercatore in fisiologia presso l’Università della California: “cioè l’abilità di usare ossigeno e ossidare grasso. C’è una ricerca ben documentata che mostra che le donne tendono ad avere una distribuzione maggiore di fibre muscolare a contrazione lenta rispetto a quella degli uomini. Queste fibre hanno più mitocondri (la parte della cellula che produce energia), il che significa che sono meglio equipaggiate a usare l’ossigeno e bruciare il grasso. Durante un’ultramaratona, gli atleti traggono l’energia necessaria soprattutto dalle riserve di grasso, perché gli eventi sono semplicemente troppo lunghi per fare affidamento solo sui carboidrati. Quindi, quanto meglio si riesce a mobilizzare e ossidare le riserve di grasso, tanto più vantaggio si avrà”.

Non solo le donne hanno potenzialmente una maggiore riserva naturale di energia, ma alcuni studi sembrano suggerire una migliore efficienza nell’utilizzarla. Inoltre, dice Tiller, gli altri vantaggi fisiologici maschili, come per esempio il VO2 max, potrebbero essere meno benefici negli eventi di ultrarunning che nelle gare più brevi.

“Se vuoi andare a 50km/h, non è detto che avere un motore di 4.000cc nella tua macchina ti aiuti”.

  • Si stancono più lentamente

Se le donne bruciano meglio degli uomini il grasso mentre svolgono attività a bassa intensità, ne consegue che si stancheranno meno.

Uno studio condotto da Sandra Hunter, Professoressa di scienze motorie presso la Marquette University di Milwaukee, ha scoperto che le donne possono eseguire una contrazione isometrica del braccio tre volte più a lungo degli uomini. Un altro esperimento all’università della British Columbia in Canada ha trovato che le donne si stancano meno degli uomini quando gli viene chiesto di flettere il piede toccando una serie di sensori il più velocemente possibile per 200 volte.

Il professor Brian Dalton, il secondo autore di questo studio, dice:

“Sappiamo da un po’ di tempo che le donne si stancano meno degli uomini durante test muscolari isometrici – esercizi statici in cui le giunture non si muovono, come per esempio, sorreggere un peso – ma volevamo capire se questo è vero anche durante movimenti quotidiani più dinamici e pratici. La risposta è abbastanza definitiva: le donne possono durare di gran lunga più degli uomini”.

Sebbene questo esperimento sia stato criticato a causa dell’insufficiente dimensione del campione e per le impostazioni scelte dal laboratorio, un altro studio sui partecipanti maschili e femminili all’Ultra Trail du Mont-Blanc – una gara di circa 105 miglia – ha scoperto che i polpacci e le cosce degli uomini risentono della fatica più di quelli delle donne. Quindi, i muscoli delle donne sono sì più piccoli ma non si affaticano così facilmente.

  • Tartaruga non lepre.

Non ci sono solo fattori fisici ad aiutare le donne negli eventi di ultrarunning ma anche mentali. Ci sono numerose prove che dimostrano come le donne siano molto più brave degli uomini a mantenere un passo costante sulle lunghe distanze. Gli uomini iniziano più velocemente, per poi rallentare più rapidamente.

Uno studio effettuato su 91.929 risultati di 14 maratone americane del 2011 ha calcolato un calo del passo medio tra la prima e la seconda metà di tutte le gare pari al 15.6% per gli uomini e al 11.7% per le donne, con lo stesso divario tra uomo e donna. Un altro studio sulla maratona di Vienna del 2017 ha dato dei risultati simili.

Uno studio ulteriore di RunRepeat pubblicato a marzo di quest’anno, ha analizzato 612,724 risultati di 131 maratone in giro per il mondo tra il 2008 e il 2014 e ha trovato che il rallentamento del passo medio per chilometro tra la prima parte della gara e la seconda era del 14% negli uomini e l’11% nelle donne.

Lo psicologo dello sport Noel Brick sostiene che questo è frequente nelle corse di lunga distanza, ma che non ci sono elementi che spieghino questa ricorrenza così diffusa.

“Il motivo principale verso cui gli studi tendono è che gli uomini sembrano adottare delle strategie più rischiose sulle lunghe distanze, mentre è più probabile che le donne siano più prudenti e regolino meglio l’andatura. Di conseguenza, gli uomini tendono a rallentare nelle fasi finali di una maratona, mentre le donne tendono a mantenere il ritmo programmato. D’altra parte, è noto che, all’aumentare della distanza, scegliere un passo più elevato fa aumentare la probabilità che qualcosa vada storto”

  • Hanno una forza mentale maggiore

Spinks, considerata una delle ultrarunner britanniche più forti di tutti i tempi, afferma che le donne sono consapevoli del vantaggio fisico che gli uomini generalmente hanno, e usano la loro forza mentale per ripianare parte dello svantaggio.

“Non siamo forti come gli uomini e non abbiamo la stessa capacità polmonare, quindi ci concentriamo su una migliore organizzazione” ha detto al Telegraph Sport “raramente partiamo con l’atteggiamento tipico di molti uomini: o la va o la spacca”. “È improbabile che una donna agisca così. Si tende a partire in maniera prudente e controllare come ci si sente, si va avanti e molto probabilmente ci si attiene al piano. Questo anche perché le donne tendono a prendersi cura di loro stesse. In una gara breve e veloce non c’è bisogno di preoccuparsi delle condizioni dei piedi o dell’alimentazione, perché non è importante. Penso che le donne siano migliori a autodisciplinarsi e ‘mantenersi’ mentre corrono. Più a lungo si corre, più importante diventa.”

Brick dice, pur ammettendo anche in questo caso una mancanza di prove scientifiche, che la motivazione dei podisti può essere importante ed è possibile ipotizzare delle differenze generali tra uomini e donne.

“Gli amatori uomini tendono ad avere un atteggiamento maggiormente competitivo”, dice “spinti dal testosterone, non sempre seguono la strategia che avevano pianificato di usare – ad esempio, possono essere risucchiati da un gruppo e tentare di stargli dietro. A volte, essere meno competitivi può portare dei vantaggi, perché è più probabile seguire una strategia più adatta e rispettosa del proprio livello di preparazione”.

Ci sono anche numerose teorie secondo cui le donne sarebbero più resistenti degli uomini all’intenso dolore che si può provare correndo distanze estreme: la capacità di sopportare il dolore durante il parto viene spesso citato come esempio. Brick dice che non ci sono prove a supporto di questa teoria, ma il parto potrebbe aiutare a spiegare l’importanza della motivazione nel sopportare il dolore, piuttosto che ad innalzare la soglia del dolore stessa. “Non ci sono ricerche interessanti in questo senso”, prosegue “Aneddoticamente, in alcune interviste condotte con podiste professioniste, alcune hanno indicato l’avere avuto figli come una forma di motivazione durante le gare quando la situazione diventava difficile. Quindi, potrebbe funzionare da motivazione per superare il dolore che si sta provando”.

Questi fattori significano che le donne possono essere migliori degli uomini?

In teoria sì, ma la realtà sembra suggerire altro. Nonostante i molti fattori che sembrerebbero aiutare le donne podiste nelle gare di resistenza, la maggior parte degli studi non ha fornito nessuna prova che effettivamente sia così. Uno studio ha creato 98 coppie uomo-donna a seconda delle prestazioni su gare di 50 km e poi ha confrontato i loro risultati su 50 e 100 miglia (NdT: 80 e 161 km) dello stesso anno non rilevando cambiamenti significativi nel divario tra i generi con l’aumento della distanza. Un altro ampio studio ha raccolto risultati per tutti gli eventi di ultrarunning di 50, 100, 200 e 1.000km dal 1969 al 2012 concludendo che la differenza di genere non mostra variazioni all’aumento della distanza. Questo studio conclude che è molto improbabile che le donne supereranno gli uomini nelle ultramaratone tra i 50 e i 1.000 km.

Quindi, come si spiegano i risultati dello studio “State of Ultra Running” (sopra menzionato) che mostrano come sia trascurabile il divario tra le prestazioni di uomini e donne in distanze sopra le 100 miglia? La risposta è probabilmente molto semplice.

Più le gare si allungano, più la percentuale di donne che partecipano diminuisce. Mentre le donne costituiscono il 34% degli arrivati nelle maratone, esse diventano il 16% nelle gare sopra le 50 miglia. Questo è importante, perché lo studio si basa su medie. Nelle gare in cui il tempo medio degli uomini si è abbassato a causa dall’alto numero di partecipanti amatoriali, è probabile che le poche donne che decidono di affrontare le distanze più lunghe siano podiste molto esperte. Nella sua analisi di 20 gare americane tra i 45 e i 160 km su un arco temporale di 34 anni, Hunter ha notato che la scarsa presenza femminile sulle distanze più lunghe minacciava di compromettere la rilevanza statistica dei dati. Traendo le somme, afferma che “la bassa partecipazione delle donne può limitare la conoscenza dei limiti sia degli uomini che delle donne nell’ultramaratona.

Quando Paris ha vinto la Spine Race lo scorso anno, le sole tre donne a completare il percorso hanno tagliato il traguardo come prima, 17sima e 24sima su un totale di 73 partecipanti. Non c’era nessuna donna a fine classifica che abbassasse la media.”

“Mi piacerebbe tanto dire che le donne supereranno gli uomini nelle ultramaratone”, conclude Hunter “Ma la realtà è che non crediamo che succederà. Rileviamo semplicemente delle anomalie.”

Il che forse rende i risultati di Paris, Spinks e del resto delle donne che hanno battuto uomini ancora più impressionanti.

Non è un’ultramaratoneta. Le sue gambe la portano al massimo a completare una maratona. Non crede di potersi spingere più in là di questa distanza eppure, o forse proprio per questo, è da sempre affascinata da chi riesce a spingersi oltre i propri limiti, fisici e mentali. E' appassionata di ultratrail americane.