“Road to Passatore” è una miniserie di interviste a donne che il 24 maggio 2025 si cimenteranno per la prima volta con la distanza di 100km. La loro gara obiettivo è la proprio la storica 100km del Passatore, quest’anno alla sua 50^ edizione.
Chi sono? Cosa le ha portate fin qui e come arrivano alla linea di partenza della 100km più amata d’Italia?
Iniziamo da Elena Araldi, che da un po’ di tempo collabora con Donn&Ultra.
Chi sei, fuori e dentro la corsa
Mi chiamo Elena, ho 42 anni e vivo a Milano.
Dove sei cresciuta e cosa ti ha lasciato quel luogo?
Sono cresciuta a Milano. E’ la mia città, e le sono molto affezionata. Da quando ho iniziato a correre ho imparato ad apprezzarla in modo diverso, ormai riesco con ragionevole precisione a dire quanto dista un certo punto da un altro a furia di andare su e giù e questo spesso mi fa sorridere. Ho i miei luoghi del cuore ed appena posso mi rifugio negli spazi verdi più o meno vicini a casa. Spesso approfitto della compagnia del mio cane (Skip, quello attuale ma anche Charlie, che se n’è andato l’anno scorso) per fare lunghe passeggiate e ripristinare un pò quell’equilibrio che la vita in una grande metropoli ogni tanto fa perdere.
Faccio un sacco di cose! Lavoro in un’azienda farmaceutica, ma sono anche biologa nutrizionista. Divoro libri, corsi, podcast. Ogni tanto medito (dovrei farlo un pò di più, a dire il vero). Mi prendo cura dei miei genitori e, appunto, del cucciolo di border collie che è con me da circa 6 mesi – e che a breve verrà (spero) stabilmente a correre con me. Mi piace cucinare, ma vivendo da sola e con orari rocamboleschi riesco a dedicarmi poco all’arte culinaria. Ovviamente, adoro mangiare (e bere) bene, e trascorro del buon tempo (spesso il terzo, post gare o trasferte) con amiche e amici attorno ad un tavolo in totale relax.
Sono una sportiva “post-30 anni”. Al liceo ero la tipica alunna con la giustificazione per NON fare attività fisica, incredibile vero? Quando ero piccola non ero propriamente longilinea, e le compagne (soprattutto femmine) di asilo ed elementari non si esimevano dal farmelo notare o dal prendermi in giro. Una mi ha addirittura spinta giù dalle scale della palestra perché sosteneva fossi “rotonda” e voleva accertarsi che rotolassi davvero… per poi imbrattarmi gli occhiali con le mani sporche di merendina e scimmiottarmi. A ripensarci, è stata la prima volta in cui mi sono rialzata e sono andata “oltre” l’offesa, anche se sul momento ho sofferto parecchio. Quindi, ogni volta che c’era la lezione di educazione fisica, pativo molto. Non sono mai stata particolarmente agile o scattante, e mi tenevo sempre in disparte. Alle medie e al liceo avrei pagato per sostituire l’ora di educazione fisica con il latino, il greco o la letteratura. Poi è arrivata l’Università, e siccome le cose facili non mi sono mai piaciute sono passata dagli studi classici ad una laurea scientifica. Studio, studio, studio, laboratorio, ospedale ecc ecc. Poi, nel 2014, un’amica mi ha proposto di correre la 10km della Stramilano. Non avevo mai corso prima. Non ricordo come mi sono preparata e se, mi sono preparata, soprattutto! Ma ricordo distintamente che uscivo a correre 2-3 km vicino casa vestita in modo improbabile (abbigliamento di cotone, scarpe a caso) e che ho concluso quella Stramilano 10km pensando: mai più. Ma si sa che quando arrivi al traguardo e dici “mai più” poi… quello è solo l’inizio.

Tutte le foto sono di Elena Araldi
Col mio corpo ho avuto un rapporto che definirei “normale”, crescendo. Ho avuto il primo ciclo mestruale mentre ero ancora in quinta elementare, prima di tutte le mie compagne e ho vissuto una fase in cui mi sentivo “diversa” per questo. Una volta al mese mi accartocciavo col mal di pancia mentre loro erano serene e tranquille e credo di non averla presa benissimo! Posso però dire con assoluta certezza che non si finisce mai di conoscere ed imparare dal proprio corpo. E’ l’unico rapporto che durante la propria vita non finirà mai, e ha mille sfaccettature. Gli ultimi anni per me sono stati preziosi per questo aspetto, complici alcune vicissitudini personali. Lo sport è senza dubbio stata la chiave di volta. Sento che ora dialogo col mio corpo in modo molto consapevole, ma sempre in evoluzione. Non sempre è un dialogo facile, ma questo fa parte delle regole del gioco. Ed è un gioco bellissimo.
Il tuo viaggio verso il Passatore
Come anticipato sopra, ho iniziato nel 2014. Dopo la prima 10km mi sono iscritta ad una A.S.D. e mi è stata proposta una trasferta a Valencia per la Mezza Maratona. Potevo non approfittarne? Sono partita così, e non mi sono più fermata. Ora non riesco ad immaginarmi una vita senza corsa.
Un richiamo. Quando ho iniziato a correre, mi sembrava che già solo fare 10km fosse una cosa da pazzi. Poi è arrivata la proposta della Valencia Half Marathon, e quando ho tagliato quel traguardo (sfinita) ho capito che impegnandomi un pò di più avrei potuto coprire con più tranquillità anche quella distanza. Nel 2016 poi è suonato un altro campanello: la Maratona, distanza di cui mi sono innamorata definitivamente osservando (da infortunata, alla Maratona di Roma 2016) gli arrivi delle persone come me. Amatori, persone comuni, ognuno con la sua storia ma ognuno su quel percorso, preparato per mesi, a correre per se stesso o per qualcuno, per qualcosa, non importa in quanto tempo (o forse importa, ma non è il primum movens). Quei sorrisi negli ultimi metri, le lacrime all’arrivo, la gioia di sentirsi tifare da parenti, amici o semplici sconosciuti come me dietro le transenne. Ho perso la voce a Roma, nel 2016, aggrappata a quelle transenne. Poi nel 2019 ho iniziato ad accarezzare l’idea di andare oltre, ma mi rendo conto ora che era una carezza molto “immatura”. Dovevano passarne, di km e di esperienze sotto i ponti! Ero decisa a preparare il Passatore nel 2020, ma sappiamo tutti cosa è successo quell’anno. Gli anni successivi per vicissitudini personali (e infortuni vari) non ho potuto affrontare la preparazione ma il richiamo all’ultramaratona era ormai una certezza. Nel 2023, per i miei 40 anni, la prima ultra (Tuscany Crossing 53km) seguita dall’Ultramaratona del Gran Sasso, che ho poi ripetuto nel 2024. Ed ora eccomi qui!
Il Passatore è fascino, è qualcosa che solo al pensiero mi fa vibrare le scarpe ai piedi proprio perchè sono anni che ce l’ho in testa. Per me questa gara rappresenta il coronamento di un sogno che ho cullato per tanto tempo. Durante questa preparazione, anche grazie a chi mi sta preparando, ho capito che non bisogna mai smettere di sognare e che se si vuole sognare in grande, bisogna farlo fino in fondo. La distanza dei 100km rappresenta indubbiamente un traguardo, ma anche un punto di partenza così come lo è stata la distanza della Maratona. Prima il mio obiettivo era correre 42.195km, ora quei 42.195km sono un allenamento lungo “in previsione di”. So che i 100km saranno il punto di partenza per altre future lunghe avventure.

Hai deciso di affidarti a una/un coach per questo evento o ti stai allenando da sola? Che tipo di approccio segui?
Da Gennaio 2024 ho la fortuna di potermi allenare con Lorena (Brusamento, ma il cognome non è necessario perchè di Lorena nell’ultramaratona ce n’è una sola – tarahumara a parte!). Ricordo ancora che la prima volta in cui abbiamo parlato di persona le ho proprio detto “vorrei che la distanza della maratona fosse parte di qualcosa di più grande, vorrei arrivarci ‘bene’” e vorrei allungare le distanze”. Lorena mi dice sempre che le cose arrivano nel momento in cui devono arrivare, ed è vero. Lo scorso anno mi ha aiutata a recuperare fiducia in me stessa e ad “uscire” da un intervento chirurgico molto impegnativo, accompagnandomi nella preparazione dell’Ultramaratona del Gran Sasso a soli 3 mesi dalla sala operatoria. Quando abbiamo deciso di provarci, mi ha detto: “Tu fai! Iniziamo a fare quel che va fatto, e poi si vedrà”. Eccolo l’approccio: fare quel che va fatto. E sognare in grande, sempre.
Benissimo! Eseguo quel che mi viene proposto di fare al meglio delle mie capacità, mi diverto, sono abbondantemente uscita dalla zona di comfort e mi trovo a mio agio al di là di questo confine. Manca un mese e non vedo l’ora di essere a Firenze.
Non ho avuto nè infortuni nè dolori vari da quando mi alleno con Lorena. Non ci sono stati nemmeno grandi ostacoli. E’ tutta questione di organizzazione, perchè indubbiamente il volume di allenamento è alto e va incastrato nella vita di tutti i giorni che comprende lavoro, famiglia, passioni, tempo libero e amicizie. Come si fa? Si fa e basta (come scrive anche Scott Jurek in Eat and Run). Non si tratta di motivazione, perchè quella può avere alti e bassi. Si tratta di costanza. Puoi avere un calo di motivazione (che io non ho avuto, per inciso) ma se mantieni la costanza, allora prima o poi anche la motivazione torna. Fallo e basta.

Come hai gestito il tuo ciclo mestruale rispetto agli allenamenti?
La mia situazione è anomala, a dire il vero. Lo scorso anno ho subito un intervento di asportazione di utero e tube, ma ho ancora le ovaie. Di conseguenza, ho il ciclo ma non ho la mestruazione. Lo so, è strano. Comodo? Dipende. Sicuramente questa situazione mi aiuta perchè, non avendo un episodio emorragico al mese (e le mie emorragie erano veramente invalidanti e molto dolorose), non devo più gestire l’aspetto del dolore appunto, o della carenza di ferro con conseguente debolezza e spossatezza. Avere un ciclo senza mestruazione d’altra parte è anche un intralcio, perchè non riesci mai a capire bene a che punto sei. Senza contare che gli ormoni continuano a girare, eccome se girano… con tutte le conseguenze emotive e fisiche ben note nell’universo femminile. Ho imparato ad ascoltare molto il mio corpo, soprattutto dopo l’intervento. Ci sono segnali che faccio ancora fatica ad elaborare, ma si impara a gestire (quasi) tutto nella vita: ciclo senza mestruazione incluso. La componente emotiva è tutt’altra cosa, così come l’affrontare gli strascichi fisici di avere un ‘vuoto in pancia’ (mal di schiena, core da rafforzare, dolorini pelvici intermittenti) ma magari ne parleremo un’altra volta.
Mi esalta l’idea di vedere sorgere il sole dopo aver corso per tante ore, lasciandomi dietro il buio. Mi esalta l’idea di fare un viaggio a piedi di così tanti km. Mi esalta l’opportunità di abbracciare una fatica che non ho mai fatto, vivendone ogni minuto. Mi esalta sapere che sul percorso non sarò sola: avrò con me i miei pensieri, le persone nel mio cuore, le mie profonde motivazioni personali ma soprattutto i miei compagni di allenamento (i criceti), gli amici più cari e la coach. Un pò tutto il mio mondo, su quel percorso verso l’alba. Preoccupazioni: non pervenute! Sono molto serena.
Ne ho ricevuti tanti e non ce n’è uno più prezioso degli altri, a dire il vero. Preparare una gara così è qualcosa di talmente personale che ti si cuce addosso. Se proprio devo scegliere, la metafora che più mi ha accompagnata in questo percorso è quella di dare il tempo al corpo e alla testa di masticare e digerire tutto quello che sta arrivando in questi mesi. Il Passatore è la gara, certo, ma è tutto quello che c’è prima. Sono sicura che durante il percorso poi arriveranno altre “illuminazioni” (d’altra parte, se non ti arriva un’illuminazione correndo 100km quando pensi che possa succedere una cosa simile?).
Come ti immagini l’arrivo?
Salato. Di sudore senza dubbio, ma non solo.
Chi ti ha ispirata nel tuo percorso da ultrarunner/ verso il Passatore
Le persone comuni in primis, da quelle che hanno sfidato se stesse per arrivare a correre i loro primi 5km a quelle che di km ne corrono enne volte tanti, senza particolare clamore o riflettori puntati addosso ma solo per il piacere di farlo. Anche 5km possono essere una distanza “ultra”, per qualcuno. Atlete professioniste, senza dubbio. Amiche di Donn&Ultra. Coach Lorena, ovviamente.
Che non sempre se vuoi puoi. Ma se vuoi, allora prima di tutto osa. Vai oltre. Concediti di provarci, sempre. Cadi? Rialzati. E se non ti rialzi, avrai imparato come cadere e la prossima volta sarai più pronta. Non raggiungi il risultato? Va bene ugualmente: ti sei messa in gioco, giusto? Il Maestro Yoda insegna: “Fare o non fare, non esiste provare”. E se fai, va bene sempre.
